Tra il 1948 e il 1949 un lucidatore di mobili di Rieti, rinchiuso nelle carceri giudiziarie di Pordenone, scrive una particolare memoria autobiografica: un'autodifesa da presentare al locale Tribunale per… Click to show full abstract
Tra il 1948 e il 1949 un lucidatore di mobili di Rieti, rinchiuso nelle carceri giudiziarie di Pordenone, scrive una particolare memoria autobiografica: un'autodifesa da presentare al locale Tribunale per respingere l'accusa di false generalità e appropriazione indebita. Reati – secondo il protagonista – indotti dalle circostanze che dopo l'8 settembre 1943 gli avevano consentito di evadere dalla Casa di lavoro di Finale Ligure, dove era rinchiuso per una lunga serie di furti. Catturato dai tedeschi dopo l'evasione e caricato su un treno diretto ai campi di concentramento, riuscirà a scappare, ma si troverà nella necessità di re-inventarsi una nuova vita ed una nuova/falsa identità. Il documento è una sorta di autobiografia della leggera ed è stato ritrovato presso l'Archivio di Stato di Savona, all'interno del Fondo Casa di lavoro di Finale Ligure, dove la leggera verrà rispedita per scontare la sua pena fino al 1950, nonostante l'agguerrita autodifesa
               
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